«A Roma non c'erano le montagne. Chi nel resto del paese combatteva fascisti e nazisti si nascondeva sui monti e poteva contare sulla loro amicizia. Le grotte e gli anfratti lo proteggevano, i sentieri scoscesi e sassosi, i boschi riparavano dalla luce del sole e dal fuoco nemico. Persino i burroni, i dirupi, i precipizi erano alleati benevoli.
Qui era tutto diverso.»
La Storia spesso sceglie vie inaspettate per raggiungerci nel presente. Una via privilegiata, secondo me, è attraverso i libri.
"A Roma non ci sono le montagne. Il romanzo di via Rasella: lotta, amore e libertà" di Ritanna Armeni [Ponte alle Grazie] arriva in libreria giusto in tempo per mantenere vivo il ricordo di un episodio della storia italiana che è stato ed è ancora ora oggetto di controversie morali e politiche.
Come se assistessimo all'inizio di un film, il romanzo di apre con una ripresa lunga, vediamo le strade di Roma, i monumenti, e poi lo zoom si ferma su uno spazzino, gioviale, affaticato dal peso del suo carretto ma pieno di buona lena mentre lo spinge lungo le vie, fino a una stradina un po' defilata, non tanto frequentata. Un po' distante c'è una ragazza, è bella nella sua semplicità, elegante anche mentre porta una busta della spesa e un impermeabile maschile sul braccio. Più discosto, un uomo col cappello si guarda attorno mentre porta una cartella, nei pressi di una fontana due innamorati passeggiano a braccetto.
Dai gesti capiamo che aspettano qualcosa, qualcuno.
Sono le 13:20 del 23 marzo 1944.
Tutti i giorni la compagnia Bozen passa marciando e cantando per via Rasella alle 14 in punto.
È quello l'obiettivo dei Gap, i Gruppi di azione patriottica. Lo spazzino, la ragazza, l'uomo con la cartella, i fidanzati e tanti altri nascosti nelle stradine che incrociano sono là per compiere un'azione patriottica, sono lì per la lotta e la libertà.
«Ora vuole fermarli. Vuole colpire i tedeschi che hanno portato il terrore e la morte a Roma. Gli usurpatori delle superstrade, del suo sole, della sua bellezza, gli assassini di tanti loro compagni sono quasi di fronte a lui.»
La compagnia Bozen quel giorno imboccherà via Rasella alle 15:50, ma il loro destino è stato scritto tempo prima, quando i giovani del Gap hanno raccolto i 18 chili di tritolo e hanno assemblato la bomba che avrebbe dovuto vendicare i soprusi, le torture, le fucilazioni avvenute nei mesi dell'occupazione tedesca e invece innescherà una rappresaglia tedesca consumata con l'eccidio delle Fosse Ardeatine.
Prima che si inneschi l'orrore, però, nelle oltre 200 pagine del romanzo, veniamo a conoscenza della vita dei protagonisti della lotta armata, dell'entusiasmo tipico della gioventù, dell'incoscienza alimentata dall'odio verso l'invasore, del desiderio di libertà pronto a tutto.
In quelle due ore di ritardo, facciamo in tempo a conoscere l'amore tra Mario e Lucia e tra Sasà e Carla, comprendiamo che sono ragazzi borghesi, studenti universitari, intellettuali, che leggono poesie, che amano Proust e Montale, che sognano un'Italia libera.
Ritanna Armeni indaga su un episodio storico dai risvolti molto controversi - basti pensare all'accusa che si venne a creare subito dopo l'orrore delle Fosse Ardeatine, secondo cui l'azione del Gap aveva contribuito a innescare quella ferocia - e si appropria delle due ore di ritardo con cui quel giorno passa il battaglione tedesco e in quelle ore inserisce le vite dei componenti del Gap, le riflessioni sulla crudeltà che avevano sopportato i romani e sulla bestialità dell'invasore.
Armeni passeggia per via Rasella con gli occhi in alto, cercando i buchi dei proiettili delle mitragliatrici tedesche, cerca una targa all'altezza del palazzo dove avviene l'esplosione e non la trova, cerca un segno che in quella strada sia avvenuto qualcosa di grave e risolutivo per la liberazione di Roma.
Non trova niente, tranne qualche buco sopravvissuto al tempo e ai restauri dei palazzi e allora ci regala questo racconto accorato, appassionato come sanno essere sempre i suoi racconti, intriso di storia e sentimenti.
Perché é vero che a Roma non ci sono le montagne, ma i portoni, le cantine, le soffitte, quelle sì, che conservano la memoria di giorni che sono sfuggiti al calendario, ma che rimarranno impressi per sempre anche nel più piccolo anelito di libertà che riusciamo a respirare.
[ebook omaggio della casa editrice]
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