«Avevo vent'anni, e ancora mi sembrava così facile cancellare un danno. Era forse la mia ultima occasione per crederlo, quella sera, sotto le stelle di fine agosto.»
Che cosa ci fa amare un autore/autrice? Le storie che racconta? Lo stile? Il linguaggio?
Non ho una risposta che valga universalmente, forse ne ho mille per quanti sono gli autori/le autrici che amo. Se, però, dovessi raccontarvi perché mi piace Donatella Di Pietrantonio, vi risponderei senza pensarci: le atmosfere.
Da quella prima conoscenza con "L'Arminuta", passando per "Borgo Sud", ora sono approdata a "L'età fragile" [Einaudi], l'ultimo libro pubblicato in ordine di tempo, già vincitore del Premio Strega Giovani 2024 e nella sestina finale dello Strega.
Storie diverse ma accomunate, a parere mio, da certe atmosfere create da un linguaggio preciso, in grado di evocare ricordi, descrivere stati d'animo e cogliere sguardi particolari, fuggevolissimi, eppure rimane tutto fisso sulla carta, fino a quando nella lettura non si sprigiona fino a noi.
Io non resisto a questo tipo di magia, onestamente.
«Mio padre mi chiede di accompagnarlo nel suo ultimo tratto, insiste che prenda quel terreno. A mia figlia devo restituire il mondo. Mi tirano ognuno dalla propria parte, al proprio bisogno. Mi spezzano.»
Quando scoppia la pandemia, Amanda riesce a prendere uno degli ultimi treni in partenza da Milano e torna nel paesino vicino Pescara da cui era partita per studiare e dove vive ancora sua mamma Lucia e suo nonno. Da quando mette piede in casa, Lucia si rende conto che quella figlia che aveva accompagnato a Milano e da cui era rimasta abbagliata per lo splendore che emanava dagli occhi, adesso è spenta e non perché sia stata colpita dal virus che sta girando. Lucia guarda sua figlia chiudersi sempre più in un guscio impenetrabile, silenzioso, e in quel guscio lei stessa ritrova i suoi incubi di quella età, quando d'estate saliva al Dente di Lupo con Doralice, la sua migliore amica, pensavano a fare i tuffi in piscina, a osservare i turisti. Finché una sera tre ragazze non sono più rientrate.
Il campeggio dove le tre ragazze sono state viste per l'ultima volta è preso d'assalto dai carabinieri, ma anche dai pastori e dai cacciatori, un microcosmo che ruota attorno alla montagna e che della montagna conosce i segreti. Di Pietrantonio è abilissima nell'inquadrare gli sguardi che si scambiano gli uomini, i richiami dei cani, quel linguaggio non scritto che fa presagire che qualcosa di terribile sta accadendo e che forse qualcuno sa.
Grazie a un flusso ininterrotto di flashback, sembra di vedere il viso della protagonista che da giovane e fresco viene solcato dalle rughe, allo stesso tempo nei suoi occhi persistono anche nell'età adulta i dubbi che non hanno mai trovato risposta. Sarebbe potuta andare diversamente? Le vite di tutti sarebbero potute essere diverse?
L'unica certezza è che quella che era un'età spensierata, protetta, nel giro di poche ore si era frantumata per non ricomporsi mai più e Lucia si rende conto che l'età fragile di Amanda è stata anche la sua.
«Non so dividere le colpe. E non so se le scelte di Amanda dipendono ancora da noi. A un certo punto perdiamo la presa sulla vita dei figli. Vanno da soli e ci guardano spietati.»
"L'età fragile" è un libro di poche centinaia di pagine, ma che contiene in sé diversi piani di lettura: la famiglia, la terra, il paese natale, il rapporto madre/figlia - padre/figlia, gli ideali, i sacrifici, le disillusioni. A volte basta una mezza frase per evocare dolori, sogni infranti, ma anche rinverdire la speranza per il futuro. Senza dirselo, Lucia e Amanda si pongono sulla stessa linea che, dai cocci di quella notte d'agosto, ha condotto fino ai frammenti di oggi. Le silenziose ribellioni dell'una si rispecchiano nell'opposizione ostinata dell'altra, alla ricerca di un equilibrio che nessun altro all'infuori di sé può suggerire.
Donatella Di Pietrantonio anche stavolta ci racconta gli imprevisti e i bivii della sorte, un po' crudele e un po' beffarda, di vite che potrebbero passarci accanto in qualsiasi momento.
La fragilità del titolo, in fondo, si estende a tutte le età, perché non c'è nessun momento della vita in cui sentiamo di essere diventati coriacei di fronte agli urti del destino.
«Il nostro luogo di nascita ci aveva protetti a lungo, o forse era stata una falsa impressione. Siamo cresciuti in una sola notte.»
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